• L’urbanistica è diventata un treno locale spesso in ritardo?

    La giunta Pardini dice che sta andando avanti come un treno. Ma di che treno si tratta? Un locale spesso in ritardo? Per quanto riguarda l’Urbanistica è senz’altro così. Quante occasioni la città sta perdendo nel frattempo perché la giunta è un treno sì, senza motrice? Il Piano operativo, adottato nell’ottobre del 2021 dalla precedente amministrazione, non è stato ancora approvato. Al riguardo nessuna discussione all’attenzione della commissione competente o del consiglio, ma solo due o tre brevi spot del sindaco in conferenze stampa celebrative.

    Ci preoccupava non poco la superficialità con la quale un piano urbanistico come quello di Lucca, città capoluogo dal territorio complesso, fosse stato raccontato da chi nemmeno lo conosceva. Fin dalla campagna elettorale, sul tema, sono state sprecate grandi quantità di parole, per lo più vuote, false. L’intento era quello di creare confusione, denigrare un lavoro che nella sua redazione si è trovato ad affrontare pure una pandemia. Per conoscere un piano ci vuole pazienza, tempo, dedizione: non è come organizzare una festa. L’importante però era bluffare: “lo demoliremo, lo rifaremo!” si diceva e si scriveva nei giorni elettorali. Senza dire che un piano urbanistico ha un iter particolare e tempi dati dalla legge regionale entro i quali è possibile operare e fuori dai quali si rischia il “game over”. Perché questo non è stato detto? Ignari, dimentichi o non proprio in buona fede, approfittando forse della complessità della materia per promettere una sorta di restaurazione?

    Certo, ogni novità, ogni tentativo di fare ordine, inaugurare modalità chiare, iter definiti, necessita di tempo, di pazienza e di un po’ di fiducia. Talvolta viene il dubbio che la chiarezza, la certezza delle regole, alla fine, non interessi ai più, che si preferisca invocare la necessità di iter chiari solo in teoria, nelle riunioni o in qualche convegnetto sul tema; e che si preferiscano, in realtà, i discorsi ai fatti veri, concreti, al nero su bianco. Viene il dubbio che, alla fine, sguazzare nella melmetta dell’indefinito, nei tentativi di compiere furberie sia da alcuni preferibile. C’era chi invocava l’a-tu-per-tu con il tecnico del Comune, come fosse un consulente, che se non ti forniva la soluzione desiderata non era un buon tecnico. Ma voglio essere convinta che non sia così, o non sia più così. Certo, se l’architetto delegato al Piano o l’assessore all’edilizia privata sono i primi ad avere interessi di studio, come è normale che sia per un professionista, è più complesso continuare l’opera di rinnovamento e pulizia intrapresa dalla precedente amministrazione.


    I nuovi strumenti urbanistici sono un dato di fatto, un punto fermo. Peccato che spesso i tentativi di spiegare, far comprendere la bontà del lavoro, siano stati sporcati da rumori di sottofondo talvolta anche contrastanti: i redattori del Piano passavano da essere cementificatori per alcuni a ingessatori della città per altri. La complessità di un territorio, della sua storia, della sua tradizione, delle sue carenze strutturali, dei suoi grandi punti di forza e la voglia di rinnovamento per certe aree, devono trovare un’armonia di fondo che sia poi tradotta in norma, che sia possibile e sostenibile, che sia monitorata e migliorata con eventuali varianti di manutenzione successive. Tutto questo però dopo l’approvazione del piano e la sua messa alla prova. Solo così è possibile rifinire uno strumento, renderlo efficace, tararlo alle esigenze della città. All’interno di una visione che dal Piano strutturale, la costituzione del territorio, si dipani con il primo e poi con i successivi piani operativi e che si dettagli al massimo con il regolamento edilizio.


    È probabile che qualcuno non rimanga contento di questo. Come potrebbe esserlo, per esempio, chi in passato ha depredato al massimo intere aree del nostro territorio? Spesso con interventi di scarsa qualità e oltretutto non restituendo alla comunità nulla in termini di dotazioni per il miglioramento del vivere quotidiano di tutti: spazi pubblici, piste ciclabili, marciapiedi, parcheggi, collegamenti tra le diverse zone, aree alberate. Durante tutto un lungo anno non si è mai sentita, o eravamo distratti, la voce di coloro che spesso si lamentavano, invocando l’approvazione del Piano operativo per lavorare meglio, per poter investire sul territorio, per sistemare molte situazioni critiche createsi negli anni per motivi disparati. E nel frattempo la città, nella sua possibilità operativa e di rinnovamento, è ferma al palo… ma corre come un treno. Verso quale direzione?

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